In realtà questa potrebbe essere la cronaca non solo di uno dei tanti quartieri del nostro Paese, ma di molti altri luoghi del mondo che si trovano a gestire il grande fenomeno dell’immigrazione e l’Italia più di altri negli ultimi anni, si trova ad affrontarlo in maniera massiccia. Ma in fondo nulla di nuovo nella storia delle civiltà, così come tutti i meccanismi che questi fenomeni portano con sé oltre alle persone, ovvero lo scontro e l’incontro di culture, la paura e il fascino del nuovo, il timore di perdere la propria identità e l’inevitabile contaminazione. E poi il confronto di tradizioni, abitudini, religioni, costumi, lingue e ancora il difficile e lungo percorso di adattamento e di convivenza. Senza dimenticare, con l’inizio dell’epoca moderna, il ruolo centrale, il peso e la capacità di influenza sull’opinione pubblica delle parti politiche e mediatiche.
Si potrebbe quindi parlare di qualsiasi altro quartiere del nostro Paese, quando si racconta del quartiere di Saione ad Arezzo che, con i suoi circa diecimila abitanti, è uno dei quartieri più popolosi del territorio aretino. Una città che conta quasi centomila abitanti e in cui (secondo dati Istat) poco più dell’11% della popolazione residente è di origine straniera. Di cui più di 5000 proveniente da Paesi Comunitari, poco meno di 7000 extracomunitari: sono i romeni ad essere i più numerosi, seguono cingalesi, albanesi e pakistani. Per quanto riguarda la popolazione di provenienza africana sono presenti in maggior numero marocchini, nigeriani (in particolare aumento), seguiti da tunisini e senegalesi. E proprio Saione è uno dei quartieri a più alta densità di abitanti stranieri: con il loro arrivo si è modificata nel tempo la fisionomia della zona, con quasi la metà degli esercizi commerciali gestiti da cittadini stranieri e l’apertura di moschee provvisorie in garage o fondi, che soprattutto all’inizio hanno scatenato proteste.
Una convivenza senz’altro complessa, che nel tempo ha rivelato criticità, denunce di degrado, episodi crescenti a detta dei residenti di criminalità legati a furti, spaccio, risse tra gruppi di diverse etnie. Così come sono aumentati gli episodi di razzismo, come la distribuzione in una notte di qualche settimana fa di volantini razzisti che inveivano contro i “negri” del quartiere. Da un lato titoli di giornali locali che paragonano il quartiere al Bronx, articoli che invitano all’equilibrio dall’altro. Le istituzioni cittadine che procedono all’aumento della presenza delle forze dell’ordine e il pattugliamento fisso nel corso dell’intera giornata e della notte nell’intera zona interessata.
Nonostante questa situazione abbia assunto i caratteri dell’emergenza, dell’allarmismo e dell’insofferenza da parte dei residenti del quartiere ma in realtà di un’intera città, i dati parlano chiaro: secondo fonti dell’Arma e in linea con la tendenza nazionale, si registra il 25% in meno di reati e calano del 5% anche i cosiddetti reati predatori (furti, scippi e violenze sessuali). Con particolare riferimento alla condizione del quartiere di Saione, il questore Failla, da poco insediatosi ad inizio 2016, comunica come i reati nella zona siano calati del 10% a partire proprio dall’inizio dell’anno scorso.
Si sente parlare di “trincea”, di “negri” e di “pulizia” e a seguire tutto l’armamentario dell’occasione, sempre pronto ad esser rispolverato quando si creano situazioni di disagio e di scontro con la diversità.
Se da un lato senza dubbio, la condizione del quartiere è complessa, la convivenza tra diverse etnie difficile, le difficoltà reali, dall’altro l’intera vicenda va certamente inserita nel clima generale che sta vivendo il nostro Paese in merito ad immigrazione e populismi crescenti. Bisogna far attenzione a distinguere tra sicurezza reale e sicurezza percepita e come sempre in questi casi, la presenza delle forze dell’ordine e l’attenzione dei media non possono essere una soluzione definitiva. Da un po’ si susseguono infatti inviti e proposte per combattere il degrado del quartiere e migliorarne le condizioni, per tornare a viverlo nuovamente con partecipazione e collaborazione, in nome di integrazione e arricchimento. Proposte che arrivano non solo dal coordinamento dei cittadini della zona ma anche dal mondo associazionistico e sindacale, inviti alla mescolanza e alla multiculturalità, al dialogo e alla cooperazione come valore aggiunto e come strumenti efficaci per migliorare, non solo il quartiere di Saione.
Come dimostrano i dati, ma soprattutto l’esperienza, il buonsenso e la pratica della tolleranza, il degrado di cui si parla in merito al quartiere di Saione, ma probabilmente di molti altri luoghi, non è legato solo alla criminalità e alla presenza di cittadini stranieri. Il vero degrado è di una società che è intollerante nei confronti della diversità o della sofferenza, in qualsiasi forma essa si presenti, che non ha memoria e si rifugia in stereotipi ormai già sentiti mille volte, ma per questo rassicuranti. La pelle sembra avere un colore quando chi si avvicina chiede aiuto o ci porta a mettere in discussione noi stessi, la diversità viene tenuta distante quando ci chiede una risposta coraggiosa ed aperta. Ma le differenze sembrano diventare trascurabili quando lo straniero è colui che investe milioni nel nostro Paese o quando, proprio della condizione di bisogno o vulnerabilità si fa un’arma al servizio dello sfruttamento, che sia lavoro agricolo o prostituzione.
A dimostrazione che punti di vista differenti sono una ricchezza e non una minaccia, partiamo da noi stessi, magari anche dalla nostra lingua e pensiamo a parole come “contagio” o “contaminazione”, che soprattutto oggi vengono considerate ed utilizzate in accezione negativa ma che invece possono portare con sé significati di scoperta e arricchimento, testimonianza che la diversità è un elemento insito nel genere umano.
“Io appartengo all’unica razza che conosco, quella umana” Albert Einstein
Sara Pezzati
Lascia un commento, un like e seguici su Facebook