
L’acclamato horror sud-coreano distribuito da Netflix poco più di un anno fa rivela una produzione creativa e ben sviluppata che malgrado qualche esitazione nella sceneggiatura e il ricorso ad alcuni ovvi cliché per facilitare lo svolgimento della trama riesce nell’intento di ripensare e ridisegnare i margini di un genere con cui è sempre più difficile confrontarsi. Il film segue la storia di Joon-woo, un ragazzo come tanti che in seguito all’improvvisa invasione di un’orda di non-morti per le strade della città si trova costretto a barricarsi nel proprio appartamento in totale solitudine nella speranza di sopravvivere il più a lungo possibile alla brutale ferocia del mondo esterno. La regia e la fotografia rendono bene il senso di claustrofobia che il film vuole trasmettere, riuscendo a sfruttare sapientemente gli spazi angusti che una scenografia così ridotta può offrire. Inoltre il giovane e promettente regista Cho Il-hyung si dimostra sempre a proprio agio dietro la macchina da presa, alternandosi senza troppe difficoltà tra scene action, horror e drammatiche: la sua è una regia semplice ma non per questo banale, che rifiuta superflui virtuosismi in favore di un approccio più vero e crudo. Nota di merito per il montaggio, frutto di un lavoro davvero curato: il film infatti risulta ben ritmato nell’alternanza tra improvvise accelerazioni e scene di stasi. La sceneggiatura risulta tutto sommato ben scritta, malgrado alcuni scivoloni evidenti soprattutto dalla seconda metà in poi, riconducibili forse a idee già viste e un po’ banali che rischiano di guastare il finale. Da sottolineare infine l’ottima interpretazione dell’attore protagonista, Yoo Ah-in (già apprezzato nel bellissimo “Burning – L’amore brucia”), che con una prova tanto insolita quanto convincente riesce a sorreggere praticamente da solo l’intero peso del film. La Corea del Sud dunque si conferma ancora una volta una fucina di grandi talenti, consegnandoci stavolta un film vivace e d’impatto, probabilmente un po’ ingenuo e prevedibile in alcuni punti ma senza dubbio apprezzabile.
Patrick Maurizio Ferrara.
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